La raccolta di saggi di Bigazzi si colloca nell'ambito della storia sociale e, insieme, industriale. La fabbrica è qui rappresentata, oltre che come una struttura fondamentale della produzione, come una fonte di identità collettiva. Al centro della ricostruzione storica dei due maggiori stabilimenti della Fiat, il Lingotto e Mirafiori, Bigazzi pone le forme e i modi specifici di adattamento del modello americano di mass production (quello taylor-fordista) alle tradizioni tecniche e agli assetti organizzativi e produttivi della grande fabbrica italiana. Con un sistematico approccio comparato, l'analisi consente di apprezzare la specificità delle forme di ibridazione del modello americano di produzione di massa realizzato dai tecnici e dai managers della Fiat fin dai primi anni del Novecento. Sulla base di una ricca documentazione, la storia degli stabilimenti Fiat è ricostruita con attenzione particolare per i processi di razionalizzazione produttiva, evidenziando i momenti alterni di collaborazione e di conflitto tra i responsabili della progettazione e i protagonisti della produzione. In questo senso, le grandi fabbriche torinesi sono considerate come cosmi pluridimensionali in cui convergono le culture dei tecnici e degli ingegneri, del management e delle maestranze.
Recensito in: "Bibliografiat. Saggi, studi, ricerche sulla Fiat (1997-2008)" a cura di Stefano Musso e Marco Bresciani, Archivio e Centro Storico Fiat e Storiaindustria.it
Americanization and Its Limits: Reworking US Technology and Management in Postwar Europe and Japan
a cura di
Gary Herrigel
,
Jonathan Zeitlin
Oxford
,
Oxford University Press
,
p. 269-297
Lingua: Inglese
Nel settore dell'ingegneria contatti fra tecnici americani ed italiani erano presenti già a cavallo del Novecento e si erano intensificati durante la prima guerra mondiale. Durante il periodo fascista, la diffusione dei metodi americani si scontra con l'approccio tradizionalista della maggior parte degli industriali italiani, ma gli imprenditori più innovatori continuano a guardare all'America come al modello tecnico e produttivo più efficiente. Nel 1945 il settore industriale italiano è pronto per misurarsi col modello americano.
L'organizzazione del lavoro e dello spazio produttivo nella nuova fabbrica del Lingotto: l'adattamento del modello socio-tecnico rappresentato dalla Ford di Highland Park; la "ricerca di una razionalità organizzativa"; il ciclo produttivo; l'introduzione del sistema Bedaux e la condizione operaia, in riferimento alla produttività e alla composizione professionale.
Studio condotto dall'autore sui documenti originali al fine di delineare la politica di internazionalizzazione della Fiat fino al 1940. Ne emerge che l'azienda torinese ha effettuato all'estero una politica di penetrazione capillare, non limitandosi solo all'esportazione, ma aprendo filiali commerciali, concedendo licenze di produzione e impiantando stabilimenti in alcune delle zone di maggior mercato.
La ricerca offre un quadro completo del processo di espansione della Fiat all'estero nel periodo precedente la seconda guerra mondiale: le prime esperienze di produzione su licenza in Austria, Usa e Russia; il successo sul mercato francese con la fondazione della società di commercializzazione Safaf (1919) e poi con la costituzione della Simca (1934); il mercato tedesco e la difficile sopravvivenza della NSU-Fiat; i vantaggi e gli svantaggi del "licensing" in Polonia; le iniziative negli altri paesi. L'autore vuole ricostruire le ragioni del successo, anche se diseguale, della politica di produzione e commercializzazione all'estero; tali ragioni vengono individuate nella capacità di adattamento alla segmentazione del mercato mondiale e nella politica commerciale, che dopo i modelli di lusso e sportivi, si orienta su modelli relativamente economici.
Il confronto fra le scelte strategiche delle due imprese si articola sui diversi temi: tecnologie di produzione, organizzazione del lavoro, composizione operaia, relazioni industriali. L'autore cerca di mostrare come una semplice contrapposizione tra due diversi modelli (il fordismo della Fiat e l'esclusiva attenzione alla qualità del prodotto da parte dell'Alfa Romeo) non sia sufficiente a dare ragione dei differenti comportamenti operai nelle due realtà.